- Buongiorno, Antonio, e tanti auguri! Il 20 ottobre 2021 la fabbrica “Steaua Reds” ha compiuto 23 anni. Stiamo parlando del lontano 1998…..come hai saputo della Moldova e come sei arrivato a Chisinau?
Sono arrivato a Chisinau dopo 20 giorni di Romania, trascorsi a Braila, dove fui informato che esisteva una vecchia azienda a Cahul (Tricon) che a quel momento non faceva niente, era ferma, ma aveva dei macchinari e possibilità di produzione. Attraversai la frontiera, all’epoca difficile attraversare la frontiera per uno straniero come me e da li ho cominciato a vivere Moldova. All’epoca era molto difficile, i primi contatti con la direzione di quella azienda che in quel momento era completamente ferma, non faceva niente, sia di confezione che di maglieria. Pian piano abbiamo aperto un tavolo di colloquio di programma di partenza ed abbiamo ricominciato a muovere i macchinari, proprio a muovergli perché purtroppo non usciva niente di buono. Produzioni che cercavamo a fare erano modelli che per quella azienda erano molto lontani dalla loro fattibilità dalle loro conoscenze. Piano piano siamo riusciti ad attivarla in modo importante, la Tricon era rinata, almeno nel settore della maglieria, insieme a noi e da li eccoci qua. Siamo arrivati anche a Chisinau, dove abbiamo trovato la possibilità sia di lavorare in conto lavorazione, sia di poter entrare in società con lo Stato per poter acquisire quello che oggi è il nostro immobile in modo totale. Per circa due anni siamo stati in società con lo Stato, in maggioranza chiaramente noi eravamo, finché lo Stato ha liberato la situazione per poter aver acquisire il cento per cento dell’immobile e dell’azienda. Da li è partita…era il 1998, contro il 1990 che era il primo anno di ingresso per me in Moldova. E nel 1998, appunto era nata la storia della Steaua Reds.
- Come ti sei trovato tutti questi anni in Moldova, sia dal punto di vista lavorativo, che personale? Come vedi la Moldova dopo questi 23 anni?
Beh, diciamo che l’inizio era stato molto difficile. Come ben sapete l’inizio degli anni 90 era duro. I primi due anno sono vissuto in un albergo dove la situazione era molto difficile, particolare, per me quasi impossibile. Si andava a confrontarla con quello che conoscevo in Europa. Era difficile mangiare, posso raccontarvi quasi un aneddoto che in 16 giorni di permanenza, diciamo durante il secondo o terzo viaggio che ho fatto negli anni 90, permanenza a Chisinau, sono rientrato in Italia con 8 chili in meno. Sembra un aneddoto questo, ma sono rimasto 15-16 giorni a mangiare solo caviale e bevendo spumante. Oggi sembra una cosa veramente fantastica, caviale e spumante.. i primi due giorni, si, può andare bene, era una cosa molto particolare ed eccezionale, ma dopo due giorni che non trovi né acqua, né altro mangiare diventa cosa piuttosto pesante. Oggi io non mangio più caviale. Ecco, era difficile, alle 4 di pomeriggio veniva staccata la corrente elettrica, quindi le aziende si fermavano, le strade erano buie, l’unico modo per spostarsi – i taxi erano pochissimi, quelli che c’erano non avevano benzina. Quindi, per andare da Chisinau a Cahul mi ricordo che chi mi doveva accompagnare con un pulmino doveva iniziare a prepararsi prima, a trovare 10 litri di benzina da una parte, 10 litri dall’altra parte e poi riusciva a fare il pieno per poter andare a Cahul.
Oggi le cose sono molto cambiate, chiaramente. Io ho visto un po’ di passaggi. Si arriva in Moldova, nella capitale Chisinau – una capitale europea, anzi forse anche di più di una capitale europea, perché veramente è tutto illuminato, il colpo d’occhio è molto forte, impressiona molto. Impressiona molto il traffico che c’è. C’è ne tantissimo, incrementa ancora, automobili costosissimi che in Europa se ne vedi una al giorno, qui se ne vede cento al giorno. Tenor di vita forte, molto importante, ristoranti sempre pieni. Siamo nel 2021, le cose sono molto cambiate e per me è anche una gratificazione perché in una piccolissima parte forse ho partecipato anche io a creare tutto questo, almeno ritengo di aver dato qualcosa alla Repubblica Moldova. Sono molto orgoglioso, ho passato metà della mia vita in Repubblica Moldova, quindi diciamo gli amici mi dicono scherzando che sono ormai moldavo. E io, effettivamente, mi sento, non dico moldavo, perché le mie radici sono italiane, però se sono in Italia e sento qualcuno parlare male di moldavi, mi trova.
- Ti senti qui come nella tua seconda patria?
Si, sicuramente.
- Quali sono i problemi principali che riscontri oggi come imprenditore in RM?
Innanzitutto la burocrazia che c’è per dogane, documentazioni, per amministrazione aziendale, ma la cosa più importante al momento è purtroppo la mancanza di dipendenti, non si trova più manodopera e quella che trovi non è specializzata, anche se sul mio settore la specializzazione diciamo… siamo se non l’unica, quasi l’unica azienda, una delle due aziende che ci sono, che fanno il mio prodotto di maglieria e quindi persone specializzate su questo tipo di lavoro non è facile trovarle. Però, oltre alla mancanza, chi è rimasto in Moldova che sarebbe disponibile a lavorare, non trovi una cultura di volontà di lavoro. Questo è il problema più grande, ma soprattutto non c’è più dipendenti.
- Come ha superato la fabbrica la crisi pandemica?
Fortunatamente siamo stati molto attenti intanto subito all’inizio. Se devo raccontare quello che ha vissuto l’azienda, praticamente nel momento di inizio della pandemia io ero in Moldova e chiaramente vedendo programmi italiani, ho capito l’importanza di certe situazioni, di certe attenzioni. Quindi, immediatamente l’azienda si è fatta le sue mascherine, immediatamente siamo corsi ad approvvigionarsi di disinfettanti. Tante istruzioni che io sentivo a televisione che stavano venendo fuori in Italia, io le ho trasmesse qui in azienda. Addirittura, ad un certo punto per far capire l’importanza della mascherina in azienda, perché nessuno se la voleva mettere, tutti cercavano a sfuggire tutte queste regole che ho dovuto imporre, un giorno ho fatto riunione e ho detto che “dovete capire questa problematica. Cosa facciamo? So che non volete portare le mascherine, so che volete sentirvi più liberi. Ditemi voi cosa vi devo fare, che deve fare l’amministrazione per potervi obbligare a portare le mascherine? Una signore mi ha detto – Ci togli uno stipendio di un giorno. Bene, ho detto. Va bene a tutti? Si.” Dopo, tutte si sono messe le mascherine, sono state tutte molto attente, molto rigorose a disinfettarsi le mani, le scarpe all’ingresso. Siamo stati fortunati e bravi a mantenere il virus fuori dall’azienda. Ad oggi, chiaramente qualche caso ci l’abbiamo avuto, però l’abbiamo superato tranquillamente. Non siamo stati mai chiusi, a differenza di tante aziende, proprio per l’accorgimento che l’abbiamo avuto fin dal primo momento e soprattutto poi siamo riusciti finanziariamente, economicamente e lavorativamente a superare il momento perché avevamo in magazzino già molte materie prime per la stagione. Quindi, non chiudendo e avendo materie prime per la stagione, chi già erano arrivate, siamo riusciti a continuare il nostro lavoro in tranquillità, siamo riusciti a mantenere la linea, anche se con una perdita economica, ma comunque siamo riusciti a sopravvivere a tutto questo.
- Antonio, quali sono i prodotti confezionati dalla fabbrica e verso quali mercati sono esportati? Quali sono i principali marchi confezionati?
Intanto stiamo facendo tutte firme. Non sto a fare qui i nomi perché…. non serve a fare nomi, comunque lavoriamo. Facciamo esclusivamente firme. Esportiamo molto, il 95% va in Italia, poco in Russia. Prodotto – maglieria in genere, sia da bambino che da donna e uomo. Usiamo buone materie prime, soprattutto dall’Italia.
- Quanti lavoratori avete ad oggi?
Oggi siamo circa 120 persone.
- E nei tempi prima della pandemia, nei tempi buoni quando si trovava la manodopera?
Diciamo che nei momenti migliori siamo stati 350 dipendenti. Negli anni pian piano sono diminuite le persone e diminuito anche un po’ il lavoro. Ad oggi avremmo bisogno di 30 persone subito, ma purtroppo, ecco il discorso di prima, che non troviamo dipendenti pur cercando sempre di essere in linea con gli stipendi del mercato.
- Ho sentito che le ultime tendenze sono quelle di spostare il lavoro dalla Cina verso i paesi vicini all’Europa e Europa stessa. Nel tuo settore hai cominciato a sentire questa tendenza?
Si, effettivamente, la tendenza c’è, è una situazione reale, almeno per la mia conoscenza. Per noi però in questo momento è ancora difficile perché veniamo paragonati con la Cina. Cioè mi spiego. Una maglia che, dico una cifra a caso, può costare 10 euro di lavorazione in Moldova, la stessa maglia in Cina viene prodotta con 1,5 euro. È chiaro che quando il cliente viene e ti chiede il prezzo, te li parli di 10 euro, lui immediatamente dice “ma in Cina costa 1.5 euro”. La mia risposta diciamo, sotto voce, è quella di „tornatene in Cina, cosa viene a fare in Moldova?”. Chiaramente poi parlando viene fuori che un trasporto oggi dalla Cina viene a costare circa 6-7 volte di più di quello che costava prima della pandemia due anni fa. Un container dalla Cina so che costava 1000 USD circa, oggi si parla di 9000 euro. Quindi i costi sono cambiati molto. Soltanto quello dovrebbe far capire il cliente, anzi il cliente lo capisce che facendo tutti i conti forse la Moldova potrebbe essere, anzi ritengo che è, un paese dove ancora potremmo essere molto concorenziali con questa situazione cinese.
- Se posso fare una precisione. Prima il costo di una maglia in Cina era di 1.5 euro e in Moldova di 10 euro. Questo è dovuto al fatto perché gli stipendi in Cina sono molto basso oppure perché l’efficienza del lavoro è più alta? O tutti e due o siamo alla metà.
La Cina io purtroppo non la conosco bene. Quindi, dare dei dati precisi mi rimane molto difficile. Efficienza in Moldova sicuramente non c’è ne. Diciamo che io ho sempre considerato che, almeno negli ultimi anni passati fino a 5 anni fa, che per un dipendente italiano, che io posso fare un buon confronto, c’è ne volevano 3 dipendenti moldavi per avere la stessa efficienza. Oggi le cose sono un po’ migliorate, dentro la mia azienda, fuori, non so cosa succede nelle altre aziende, dentro la mia azienda diciamo che siamo molto più vicini oggi al dipendente italiano, anche se ancora ci sono molte difficoltà.
Se prima ne volevano tre, oggi ne vogliono due.
Ma, diciamo forse anche un po’ meno di due. Siamo buoni. Perché dobbiamo essere buoni.
- Da imprenditore con una ampia conoscenza del mercato moldavo e chiaramente del mercato italiano, che prospettive vedi nella collaborazione tra la RM e Italia sul piano economico?
Difficile parlar di questo e sinceramente non ho vedute.
- I tuoi programmi (sogni) per i prossimi 23 anni?
Sicuramente vorrei arrivare a vedere l’azienda in una situazione molto più snella, più produttiva e più importante. Poter dire che ho una azienda in Moldova che funziona e io posso solo andare a visitarla una volta ogni tanto, per me questo sarebbe un bellissimo obbiettivo. È un obbiettivo che tengo sempre piuttosto di fronte a me.